Ospitiamo una riflessione di don Maurizio Raniti, parroco di Vena di Jonadi, da sempre sensibile e vicino alle persone e alle problematiche della comunità Santonofrese.
Don Maurizio Raniti |
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Certe immagini ti colpiscono ed assorbono la tua attenzione, certe parole ti entrano dentro e ti fanno riflettere ed anche stare male: “Morire per il lavoro”. Il diritto inalienabile dell’uomo, il diritto della nostra costituzione, quel diritto che realizza la persona nel suo vivere sociale, quando non c’è, e questo è il paradosso, rischia di diventare nella sua assenza strumento di morte.
Tutti lo cercano, tutti lo vogliono solo pochi lo trovano. Questa è una piaga, oggi in generale, ma per noi gente del sud ed in modo particolare per la nostra provincia, che ormai è in cancrena. Che tristezza leggere “Morire per il lavoro”. Eppure nella preghiera del Padre Nostro, noi cristiani diciamo …” Dacci oggi il nostro pane quotidiano…”. Non c’è pane senza lavoro, non c’è fame saziata senza pane, non c’è dignità vera dell’uomo se si ha fame. Gente che grida, gente disperata... Persone che lottano per un diritto, persone che lottano per mangiare…e sono semplici conoscenti, amici, fratelli o sorelle, genitori. Sono anime in pena e cuori affranti che nella disperazione si aggrappano ad ogni possibilità pur di sopravvivere. Sono coloro che non hanno il coraggio di guardare i propri figli negli occhi, perché non hanno nulla da consegnargli per il loro futuro. Ed è così allora che si concretizza l’immagine di un uomo sospeso su di un campanile, seduto ai piedi di una croce stagliata verso il cielo. Visione nuda, cruda, forte, ma reale ed amara. C’è Cristo Signore che è morto per amore, per il peccato, per dare all’uomo la vita vera. C’è Lui che è morto facendosi pane e consegnandone ceste piene fino ad avanzarne e c’è l’uomo, di questo tempo di abbondanza, che si siede ai piedi del suo trono di gloria per implorare e sfidare la morte, per deporre lì su quel nuovo Golgota, la delusione e l’amarezza di una vita senza senso. Sono solo emozioni le mie, scaturite da parole lette e da immagini viste che mi sono entrate dentro e mi hanno toccato. Il mio scrivere è un profondo sentimento di solidarietà verso chi ha perso il lavoro o non lo ha, con la speranza che le Istituzioni possano prendere a cuore questa cruda realtà e che sappiano divenire balsamo per curare la piaga di tante famiglie e della nostra società.
don Maurizio Raniti