GOVERNO MONTI: PIÙ COGNOMI PER TUTTI

Le hanno approvate venerdì al Consiglio dei Ministri, e le chiamano norme sulla semplificazione. Sul sito del governo leggiamo che d’ora in poi, velocemente:
1. Chiunque potrà chiedere di aggiungere il cognome materno a quello paterno.
2. Le donne divorziate o vedove potranno aggiungere il cognome del nuovo marito ai propri figli.
3. Per coloro che hanno ricevuto la cittadinanza italiana sarà possibile mantenere il cognome con il quale erano identificati all’estero.
La terza semplificazione è, francamente, incomprensibile, almeno formulata in questi termini: ma che succedeva, fino a adesso, cambiavano cognome quando venivano in Italia? Mah! Ma che le prime due siano semplificazioni, è tutto da dimostrare.
Se le cose stessero veramente così come riportato – e forse, eccessivamente semplificato – dal comunicato stampa del governo, si potrebbero sommare cognomi su cognomi, con evidenti ed imbarazzanti complicazioni per le famiglie allargate, che diventerebbero la disperazione di qualsiasi anagrafe se per disgrazia fosse approvata pure la legge sul divorzio breve, che a questo punto risulta praticamente incompatibile con le semplificazioni suddette: in pochissimo tempo nelle famiglie italiane potrebbe succedere di tutto.
In 13 anni di scuola, per esempio, – fra elementari, medie e superiori – un povero alunno
avrebbe il tempo di vedersi con tutta tranquillità (si fa per dire) almeno tre matrimoni con relativi divorzi, e fra aggiunte di cognomi materni e paterni, potrebbe trovarsi il cognome allungato anche di quattro-cinque volte. Ma poi, che succede ai fratelli di famiglie allargate, quelli che magari uno va con la madre e l’altro col padre, si risposano tutti e due, e magari aggiungono pure i cognomi? Fratelli con cognomi diversi?
Es.: il signor Mobutu viene in Italia e si sposa con la signora Frazzetti. Nascono Giuseppe e Francesca, che si chiameranno Mobutu Frazzetti. Ma i genitori si separano, e si risposano, Mobutu con la signora Faraki, e la Frazzetti con il signor Lorusso. Giuseppe va con la madre, che vuole aggiungere il cognome del nuovo marito, e Francesca va con il padre che, per principio, vuole fare lo stesso, e chiede di aggiungere il cognome della nuova moglie (tra l’altro, perché al consiglio dei ministri non lo hanno previsto? Perché solo le donne possono aggiungere il cognome del nuovo marito, e non viceversa? Forse perché fino adesso non lo ha chiesto nessuno? Ma prima o poi qualcuno lo farà, specie dopo certi divorzi burrascosi, almeno per puntiglio), e quindi avremo Giuseppe Mobutu Frazzetti Lorusso e Francesca Mobutu Frazzetti Faraki.
Che succede se Mobutu divorzia pure dalla signora Faraki e ha un colpo di fulmine con la signora Colucci e se la sposa? Per coerenza vorrà aggiungere pure questo cognome, no? E se invece per disgrazia muore Lorusso e la Frazzetti si risposa con Tasticelli, e si continua anche da questa parte con la tradizione di aggiungere i cognomi?
Se poi il figlio Giuseppe – che si chiama almeno Mobutu Frazzetti Lorusso e forse anche Tasticelli - incontra e sposa Roberta, anche lei figlia di divorziati e con la quota minima di cognomi, cioè tre, diciamo Roberta Fizeri Diaropi Lusati,  che fanno per il cognome dei figli, tirano a sorte?
Poi magari - visto che ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, che non nella tua filosofia -  si scopre che il signor Mobutu è parente stretto dell’ex presidente del Congo, e, in nome della terza sedicente semplificazione introdotta dal governo Monti e per via di un ritrovato orgoglio familiare e patriottico, decide di recuperare l’intero cognome originale, Mobutu Sese Seko Nkuku Ngbendu Wa Za Banga (che nell’idioma locale, secondo alcuni significa “guerriero irresistibile che andrà di conquista in conquista lasciando il fuoco dietro di se”, mentre secondo altri: “il gallo che non si lascia sfuggire nessuna gallina”), un cognome sicuramente originato a sua volta da una probabile legge sulle semplificazioni della repubblica congolese…
* L’Occidentale

IL SENTITO OMAGGIO DELLA COMUNITÀ ALL'EDUCATORE E AL SINDACO DI TUTTI

Il corteo funebre
(SANT’ONOFRIO) L’intera comunità si è ritrovata ieri pomeriggio per porgere l’ultimo saluto al prof. Vito Facciolo, venuto tragicamente a mancare a causa di un incidente stradale occorsogli il giorno prima nella vicina Vibo Marina, dove il professionista possedeva un’abitazione ed abitualmente si recava nei fine settimana per trascorrere alcune ore di relax.
All’origine dell’incidente mortale, un probabile malore che ha colpito Vito Facciolo, facendogli perdere il controllo della sua autovettura che andava a schiantarsi rovinosamente contro un muretto in prossimità del’incrocio per Pizzo, all’altezza del distributore Esso.
Geologo, docente di matematica presso la locale scuola media “Stanislao D’Aloe” dove aveva anche rivestito per lunghissimo tempo la carica di vice preside, il prof. Facciolo aveva concluso da dirigente scolastico alla guida della scuola media di Pizzoni la sua ultraquarantennale missione di educatore di innumerevoli generazioni di giovani studenti.
Anche in qualità di amministratore locale Vito Facciolo non aveva lesinato sforzi, arrivando a rivestire dal  1980 al 1983 anche la carica di sindaco alla guida della lista civica “Croce” che in quel periodo storico si identificava con la Democrazia Cristiana.
Un’esperienza di governo locale, questa, interrotta prima della scadenza naturale del mandato a causa di una serie di minacce ed attentati di cui allora furono destinatari lo stesso sindaco e diversi componenti della sua compagine amministrativa.
Il corteo funebre che ha attraversato piazza Umberto I prima di raggiungere la chiesa matrice era guidato dai suoi diletti figli Filippo, Anna e Raffaele, giovani ed affermati professionisti residenti a Milano.
Al loro fianco una nutrita delegazione degli amministratori attualmente in carica, guidata dal sindaco Tito Rodà, che per l’occasione ha proclamato il lutto cittadino, e dal gonfalone comunale.
Numerosi i sacerdoti che hanno presenziato alla celebrazione del rito funebre, tra cui i parroci che si sono alternati ala guida della comunità parrocchiale in questi ultimi trentacinque anni: don Gaetano Currà, don Maurizio Raniti e don Franco Fragalà, tutti a vario titolo profondamente legati al prof. Facciolo.
E proprio don Currà ha tratteggiato, nella sua omelia, il ritratto del “fervente credente, dell’amministratore capace, dell’educatore instancabile”.
Commosso anche il ricordo della prof.ssa Giovanna Lopreiato che a nome di tutti i colleghi ha evidenziato come con la “scomparsa di Vito Facciolo non viene meno solo un pezzo della nostra storia ma anche e soprattutto una figura importante della scuola migliore”.
Il sindaco Rodà ne ha infine ricordato la “generosità, la capacità di spendersi al servizio degli altri, la costante e attenta presenza nel vissuto del suo paese che amava profondamente”.                             
(Raffaele Lopreiato - Gazzetta del Sud 8/02/2012) 

INCIDENTE, MUORE IL PROF. VITO FACCIOLO

Prof. Vito Facciolo
(Sant'Onofrio) Coinvolto in un incidente nel pomeriggio di ieri è deceduto il prof. Vito Facciolo, 74 anni, di Sant'Onofrio. Molto probabilmente prima del sinistro il docente potrebbe essere stato colpito da un malore al punto da perdere il controllo della sua autovettura che è andata a schiantarsi contro un muretto. L'incidente è avvenuto all'incrocio tra Vibo Marina e Pizzo, all'altezza del distributore Esso. Alcuni passanti hanno dato subito l'allarme con una telefonata alla sala operativa del 118 che in pochi minuti faceva arrivare sul posto un'ambulanza del servizio emergenza-urgenza. Ma, purtroppo, per il prof. Facciolo non c'era nulla da fare. Tuttavia per accertare l'esatta dinamica del sinistro i carabinieri hanno aperto indagine, come in genere avviene in questi casi.
Il prof. Vito Facciolo, da quanto è stato possibile accertare, è deceduto all'istante. A constatarne la morte sono stati gli stessi sanitari del 118. Mentre tutti i rilievi del caso sono stati effettuati dai carabinieri della stazione di Vibo Marina sotto il coordinamento del maresciallo Astorina. La morte del docente, iscritto pure all'Ordine dei geologi, ha destato sgomento e tanta commozione soprattutto a Sant'Onofrio, il paese dove per oltre 30 anni, ha insegnato matematica alla locale scuola Media. E ancora oggi, nonostante già in pensione, continuava a impartire lezioni private a giovani universitari e studenti delle scuole superiori. Persona colta ed equilibrata, in passato è stato anche sindaco di Sant'Onofrio dal 1980 al 1983. La sua amministrazione, tuttavia, è stata bersaglio di numerosi attentati al punto da indurlo a gettare la spugna.
Padre di tre figli, professionisti già affermati, il professore Vito Facciolo ha ricoperto per anni l'incarico di vice preside della scuola media di Sant'Onofrio e per qualche anno è stato anche dirigente alla media di Pizzoni. (Gazzetta del Sud 27/02/2012)

La Voce di Sant’Onofrio e l’Associazione Sant’Onofrio Tradizioni si associano al  dolore per l’improvvisa scomparsa dell'Amico prof. Vito Facciolo.

L’ESILARANTE VICENDA DI UN OPERAIO CHE RELAZIONA SUL PROPRIO INCIDENTE DI LAVORO


La lettera originale prodotta all'ufficio
Egregio direttore,
per quello che mi aveti richiesto di racontarvi i
fatti di come mi a successo il mio incidenti sul lavori
vi faccio assapere che quello giorno quando che o arri=
vato al cantiere ho visto che ilvento aveva fatto volare
del tetto molti tegoli. E alora o messo sopra il
tetto un travo con una carrucola e ossalito due
casse pieni di tegoli. Quando ho finito di riparare
mi ho accorto che sul tetto mi sono rimasti molte
tegoli epperciò o usato una cassa è o fermato
la corda sotto e sono salito per riempire la
cassa di tegoli, poi sono scesso e o staccato la
corda ma la cassa piena di tegoli era più
pisante di me e alora prima che mene acorgo la
cassa a cominciato a scindere alzandomi di
terra. E alora o cercato di tenermi dalla corda
ma niente e a metà o sbattuto alla cassa
che scindeva emi a sbatuto alla spalla si =
nistra. Intanto ho arivato allultimo e ho
sbattuto la testa vicino il muro dopo al
travo e alla cannaletta di landia che lò rotta
con la testa e mi ho scacciato le dite della
mano nella carrucola. Quando o arrivato
al tetto la cassa allo stesso momento a arrivato
atterra. Ma sbattendo nela terra tutto anna volta
si a rotto il fondo che si e sbundato e le tegoli
sono svivolati fuori. E allora à successo
che sincome la cassa aveva diventato più
leggiera e io più pisante o precipitato attutta
velocità verso il terreno. Ma a meta strada ò
inccutrato la cassa che saliva e mià colpito
ala cossia e al carcagno e quando o atterato
le tegoli rotti ce erano in terra mia anno
pezziato tutto. Del dolore mi stava pigliando
uno svinimento però nel mentre e scesa di nuovo
la cassa ce mi accaduto sulla testa e mi
ano portato allospidali.
Cosi anno andato i fatti e ora aspetto subbito
Quanto mi aspetta che ciò tre figli alla
scuola media.

LUNEDÌ 27 FEBBRAIO SI FESTEGGERA’ IL BICENTENNARIO DELLA CREAZIONE DELLA BANDIERA ARGENTINA

Manuel Belgrano
Carissimi,
lunedì 27 febbraio sarà festeggiato in Argentina il bicentennario della creazione della Bandiera Argentina da Manuel Belgrano.
Manuel José Joaquín del Corazón de Jesús Belgrano è nato a Buenos Aires il 3 giugno 1770, figlio di Domenico Belgrano (oriundo di Oneglia, attuale Imperia, nella Liguria) e María Josefa González. Laureato in Leggi con medaglia d'oro presso l'università spagnole di Salamanca e Valladolid, partecipò nei successi che scatenarono la Rivoluzione del 25 maggio 1810, della quale è uscita la prima giunta di Governo patrio, e di cui fece parte come consigliere, assieme un suo cugino, Juan José Castelli (figlio di un medico veneziano).
Sulla fine del 1811, gli spagnoli di Montevideo, hanno cominciato a stuzzicare le coste del fiume Paraná per ostilizzare il nuovo governo istallato a Buenos Aires. Quindi, la giunta patriota incarica l'avvocato Manuel Belgrano di fortificare la riva vicina alla villa del Rosario, 300 chilometri al Nord della capitale del Plata. Lui arriva nella zona il 10 febbraio con un regimento di fanteria, rafforzato con milizie locali, e da inizio alla costruzione di due batterie, una sullo stesso burrone, cui nomina Libertá, e l'altra su una isola, oramai scomparsa, la quale sarebbe battezzata Indipendenza.
Il 13 febbraio Belgrano propone alla Giunta di governo una coccarda che dovrebbe unificare gli stendardi usati fin quel momento dai diversi regimenti, perchè secondo lui “ciò era un segno di divisione, come un’ombra che, se fosse necessario, doveva allontanarsi". Nel momento in cui il governo riceve la tale nota, arriva pure a Buenos Aires la notizia che il Congresso di Caracas aveva dichiarato l'independenza del Venezuela il 5 luglio 1811. Per diminuire la tensione locale e soddisfare il sentimento popolare appunto molto indipendentista, il Governo accetta l'iniziativa del Belgrano con un decreto del 18 febbraio, addottando una "coccarda nazionale delle Provincias Unidas del Río de la Plata" con i colori azzurro-celeste e bianco, di uso obbligatorio per le truppe, ma permettendo portarla pure a qualsiasi persona civile "come distinzione del nostro attuale sistema".
Belgrano consegna le coccarde alle truppe giorno 23, informando al governo che "si è messo in pratica l'ordine del 18 corrente per l'uso de la coccarda nazionale che ha mandato V.E., la quale decissione è stata accolta con grande gioia ed ha tirato fuori il desiderio dei veri figli della Patria nel senso che vengano presi altre dichiarazioni di V.E. che possano confermare ai nostri nemici della ferma risoluzione in cui ci siamo di sostenere l'indipendenza dell'America". Forse quel giorno, nel momento in cui ricevette la comunicazione guvernativa sull'adozione della coccarda, Belgrano ha avuto l'idea di battezzare la seconda batteria ancora non finita con il nome di Indipendenza.
Verso il tramonto del 27 febbraio, Belgrano pronnuncia un discorso alle truppe, omettendo ogni riferimento al re spagnolo Ferdinando VII: "Soldati della Patria: in questo punto (la batteria Libertá) abbiamo avuto la gloria di vestire la coccarda nazionale che ha sancito il nostro Ill.mo Governo. In quel punto (la batteria Independenza) le nostre arme avranno di ingrandire questa gloria. Giuriamo vincere gli nemici interiori ed anche quegli dell'estero, ed il SudAmerica sarà il templo della Indipendenza e della Libertà. In fede del vostro giuramento, dite con me ¡Evviva la Patria!".
Monumento a Manuel Belgrano
Non c'è stato un giuramento alla bandiera ma di "vincere gli nemici", forse in attesa della confermazione delle autorità. Poco più tardi, "sono le 6.45 del pomeriggio" dice la nota, Belgrano ha scritto il verbale indirizzato al Governo, e conclude: "...Essendo preciso innalzare una bandiera, e non avendola, ho ordinato di farla bianca e celeste, conforme ai colori della coccarda nazionale"
Belgrano non ha detto una parola sulla benedizione o il giuramento alla bandiera, essendo notevole questo fatto, poicchè lui informava normalmente i suoi movimenti con minuziosi dettagli. Ma la bandiera c'è stata.
Al bianco (argento) sfoggiato nelle gloriose giornate di maggio del 1810, che simbolizzava il fiume che ha dato suo nome al Paese, si è aggiunto l'azzurro dello stemma di Buenos Aires. Però Belgrano ha detto celeste e non azzurra o azzurro-celeste com'era la coccarda. Forse perchè i colori dello stemma di Buenos Aires dipinto nelle mura del Cabildo erano già impalliditi per il passo del tempo e non era così nítido quell'azzurro. Perchè, per essere precisi, il celeste non è un colore dell'araldica, ma un tono dell'azzurro. Perciò, quando venne dichiarata l'Indipendenza nel Congresso di Tucumán di 1816 si sono stabiliti i colori della bandiera in bianco e azzurro.
La definizione dell'azzurro nel vocabolario italiano è il colore del cielo sereno, ciò che assimiglia a quanto sancito dal governo argentino in una legge degli anni '30 dicendo che il celeste della bandiera fosse come il colore del cielo all'alba, in una giornata chiara, serena. Da recente, si sono sistemati i colori in base alle norme IRAM, istituto rappresentante della ISO in Argentina.
Non è ormai conosciuta la disposizione dei colori della bandiera inalberata sulle rive del Paraná, se erano tre striscie orizzontali o due verticali. Senz’altro il colore principale doveva essere il bianco, il colore argentino dell’araldica, e -per tanto- occupare il centro nella bandiera di tre striscie orizzontali o assieme all’asta in quella di due fascie verticali.
Le autorità di Buenos Aires hanno ammonito per lettera a Belgrano negli inizi di marzo, dicendo che "faccia passare per un raptus di entusiasmo l’incidente della bandiera celeste e bianca inalberata, nascondendola con cura". Ma Belgrano non ricevette il rimprovero perchè oramai si era messo in viaggio per assumere il comando dell’Esercito del Nord, carica per la quale era stato nominato lo stesso giorno 27 febbraio dal proprio Governo.
A luglio Belgrano scriveva alla Giunta: "...la batteria doveva proteggere, non c’era una bandiera ed ho pensato che sarebbe la bianca e celeste quella che ci distinguerebbe come la coccarda e ciò, con il mio desiderio che queste provincie siano annoverate come una delle nazioni del globo, mi è spinto a farlo".
Infatti, ce l’ha fatta, perchè la bianca e celeste ha ondeggiato per la prima volta e per sempre, 200 anni fa, il 27 febbraio 1812, in un burrone vicino alla villa del Rosario, sulle rive del Paraná, il Padre dei Fiumi, in lingua guaraní, per iniziativa di Manuel Belgrano, il più grande degli italiani nato in Argentina.
Manuel Belgrano, raffigurato nella banconota da dieci pesos
Vincitore nelle decissive battaglie di Tucumán e Salta, sconfitto poi dagli spagnoli a Vilcapugio e Ayohuma, l'avvocato militare Manuel Belgrano morì a Buenos Aires il 20 giugno 1820, nella più assoluta povertà, tanto che ha pagato gli onorari del dottore che l'ha curato con un suo orologgio e non è riuscito a lasciare nessuna eredità oltre il suo cognome ai suoi discendenti naturali.
In omaggio alla sua traiettoria ed ai suoi valori umani, intellettuali, improvissato militare eroico, amministratore ed organizzatore così efficace di truppe ed aziende, uomo onestissimo e spogliato di ogni ambizione che non sia la sovrania ed il benessere della Patria, il giorno della sua nascita é stato dichiarato dalla comunità italiana in Argentina come "Giornata dell'immgrante italiano" ed il giorno del suo passo all'immortalità è il "Giorno della Bandiera".

Un carissimo saluto dal profondo Sud del mondo, José R. Maragó.
 

SCUOLA CALCIO MILAN, IN "CAMPO" CON FRANCO BARESI

Franco Baresi
L'Associazione italiana calciatori lo ha eletto nel 2000 "Campione del Secolo", ma nel suo palmarés ci sono scudetti, coppe nazionali ed internazionali, un assortimento quasi completo di trofei. Volendo essere onesti, forse manca solo un Pallone d'Oro. Stiamo parlando di Franco Baresi, il grande campione del Milan e della Nazionale, fra i più grandi calciatori italiani. Sarà lui ad inaugurare ufficialmente lunedì 27 febbraio alle ore 17, all'Oratorio Salesiano San Giovanni Bosco, la Scuola calcio Milan, guidata dal direttore tecnico Carlo Lico, al suo primo anno di attività. Baresi sarà accompagnato dal responsabile scuole calcio rossonere in Calabria, Gianni Alessandro. Nel corso della sua giornata vibonese Baresi incontrerà oltre quella di Vibo, le scuole calcio Milan di Briatico e Tropea.
A condurre l'incontro sarà il giornalista Michele La Rocca. «É per noi un appuntamento molto importante. – spiega Lico – É motivo di orgoglio che ad inaugurare la nostra scuola calcio sia un grande come Franco Baresi. Sono certo che i nostri ragazzi saranno felici di abbracciarlo e di prenderlo come esempio sia per quello che ha fatto in campo che per quello che ha fatto fuori campo, un esempio di impegno e lealtà ormai raro nel mondo del calcio». La scuola calcio Milan, che conta quasi duecento iscritti, vivrà quindi una grandissima ed emozionante giornata di sport.
Vittoria Sicari – Gazzetta del Sud 24/02/2012

AMMINISTRATIVE, A DIETA GLI ORGANI DEI PICCOLI COMUNI. E SOTTO I 1000 ABITANTI SPARISCE LA GIUNTA


Tabella riduzioni Consiglieri e Assessori

Via la giunta nei comuni sotto i 1000 abitanti. E meno assessori e consiglieri per tutti quelli fino a 10 mila. In vista delle ormai prossime consultazioni amministrative, la circolare del ministero dell’interno n. 2379 del 16 febbraio scorso ha riepilogato e chiarito i contenuti dell’art. 16, c. 17, della  manovra di Ferragosto (dl 138/2011), che ha ridotto il numero dei consiglieri e degli assessori nei piccoli comuni. Tale disposizione, espressamente esclusa dalle “milleproroghe” previste nel dl 216/2011 e nel relativo disegno di legge di conversione (si veda Italia Oggi del 27 gennaio), prevede, per i comuni fino a 1.000 abitanti, la soppressione della figura degli assessori e l’attribuzione in via esclusiva al sindaco delle competenze della giunta. In proposito, la circolare puntualizza che occorrerà, comunque, procedere alla nomina del vicesindaco, scegliendolo fra 6 consiglieri eletti. Resta ferma la possibilità (prevista, per i comuni fino a 3000 abitanti, dall’art. 2, c. 186, lett. c), della l. 191/2009, come modificata dalla l. 42/2010) di delega da parte del sindaco delle proprie funzioni a non più di 2 consiglieri.
 Sopra i 1000 abitanti le riduzioni sono differenziate a seconda della fascia demografica: fino a 3 mila, non sono ammessi più di 6 consiglieri (oltre al sindaco) e 2  assessori , fra 3 mila e 5 mila 7 consiglieri e 3 assessori, fra 5 mila e 10 mila 10 consiglieri e 4 assessori. 
 La circolare precisa che eventuali disposizioni difformi contenute negli statuti comunali devono intendersi abrogate ai sensi dell’art. 1, c. 3, del Tuel, con obbligo a carico degli enti interessati di promuovere quanto prima la procedura di revisione statutaria. 
Resta fermo, conclude la circolare, che per i comuni con più di 10.000 abitanti continua ad applicarsi, a decorrere dal 2011 e per tutti gli anni a seguire, il taglio del 20% del numero di consiglieri previsto, con efficacia dal primo rinnovo, dall’art. 1, comma 2, della l. 42/2010, che ha integrato l’art. 2, commi 183-187, della l. 191/2009.
Italiaoggi del 23/02/2012

STRADA PROVINCIALE "VIBO -STEFANACONI", OGGI PARTONO I LAVORI

S.P. Vibo Valentia - Stefanaconi
Avranno inizio oggi i lavori per la rimozione dello smottamento che ha determinato la chiusura della strada Vibo-Stefanaconi e per la messa in sicurezza del costone sovrastante. A comunicarlo è il consigliere provinciale Salvatore Di Sì, che esprime soddisfazione per la celerità con cui l’Ufficio tecnico, guidato dal dirigente Giacomo Consoli, sta affrontando la questione. La chiusura della strada si era resa necessaria, una settimana fa, quando una frana ha ostruito il tratto carrabile, creando non pochi disagi a chi utilizza quest’arteria per raggiungere la città capoluogo.
All’indomani dello smottamento, il presidente della Provincia, Francesco De Nisi, assicurò che in breve tempo la strada sarebbe stata riaperta, non prima, però, della messa in sicurezza del pendio sovrastante, sul quale si dipana parte del tracciato della Tangenziale est.
«I lavori che prenderanno il via oggi, dunque, avranno come primo obiettivo il ripristino delle condizioni di sicurezza, al fine di evitare nuovi smottamenti - ha confermato De Nisi -. Un intervento contingente che si inserisce però in una programmazione di più ampio respiro che punta ad eliminare i rischi legati alla Tangenziale est, mai terminata. La recente ammissione del Pisl promosso dalla Provincia sulla mobilità intercomunale, che prevede proprio la messa in sicurezza e il completamento della tangenziale, lascia ben sperare sulla possibilità di risolvere una volta per tutte le problematiche connesse a questa infrastruttura viaria».

MALTEMPO: CROLLA PARTE TETTO CAPPELLA CERTOSA SERRA SAN BRUNO

(Serra San Bruno - Certosa sito: www.certosini.info)
(AGI) - Vibo Valentia, 13 feb. - Le abbondanti nevicate che da più giorni interessano il Vibonese, e in particolare la cittadina di Serra San Bruno ed il suo comprensorio, hanno provocato il parziale crollo della cappella minore della Certosa di San Bruno, il centro spirituale del Vibonese visitato, nello scorso ottobre, dal Papa Benedetto XVI. Il fatto è avvenuto questa notte. Sul posto le squadre dei Vigili del fuoco, dei Carabinieri e della Polizia di Stato.
Attualmente sono in corso interventi per sistemare la copertura crollata a seguito delle abbondanti nevicate.

FALSE RICHIESTE DI DISOCCUPAZIONE, 218 INDAGATI

VIBO VALENTIA - Sono 218, tra braccianti agricoli, responsabili di patronato ed imprenditori agricoli, le persone indagate nell'ambito di una inchiesta della Procura della Repubblica di Vibo Valentia per una truffa ai danni dell'Inps per circa 2,4 milioni di euro. Nel corso delle indagini i carabinieri hanno scoperto, leggendo centinaia di richieste di indennità di disoccupazione giunte all'Istituto di Previdenza, come, secondo gli indagati, fiumi, torrenti, boschi ed addirittura cave fossero state adibite alla coltivazione di ortaggi e frutta o come su piccoli appezzamenti di terra, in un solo giorno, c'era la presenza di oltre 60 braccianti, tra cui gli stessi titolari del patronato. Le persone indagate, alle quali sono stati notificati gli avvisi di garanzia, sono accusate di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni dell'Inps. I carabinieri hanno scoperto come, secondo gli indagati, fiumi, torrenti, boschi ed addirittura cave fossero state adibite alla coltivazione di ortaggi e frutta. Gli indagati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni dell'Inps. (ANSA).

"IL MUSEO DEL BARBIERE" IL SOGNO NEL CASSETTO DI ONOFRIO BARBIERI

Onofrio Adriano Barbieri nel suo salone torinese
(SANT’ONOFRIO) Potrebbe presto trovare casa in uno dei comuni della nostra provincia un museo davvero originale capace di raccontare, attraverso l’esposizione di oltre 40mila pezzi, la storia di uno dei mestieri più antichi: quello del barbiere.
Tutto nasce dalla passione di Onofrio Adriano Barbieri, un predestinato già nel cognome che, partito così come tanti coetanei negli anni Settanta e con la classica valigia di cartone, alla volta di Torino in cerca di fortuna con la classica valigia di cartone, ha saputo coniugare lavoro e amore per le cose belle. Trasformando nel tempo la sua “barberia”, situata nel cuore di Torino, in una sala espositiva permanente dei “ferri del mestiere” che andavano via via arricchendo l’originale collezione.
Si tratta per lo più di pezzi unici nel loro genere, reperiti con pazienza certosina da Barbieri setacciando i mercatini dell’usato di mezza Italia e della vicina Francia.
Tra i pezzi pregiati, spicca la collezione di oltre duemila rasoi, tra i quali quello cosiddetto a “Croce di Malta” appartenuto al grande scrittore Gabriele D’annunzio.
Non mancano poi i phon, gli arricciacapelli ad alcool o a gas, le caratteristiche insegne in ottone dei negozi di barbiere dei primi dell’Ottocento e, ancora, risalenti al Settecento, le cosiddette “barberine”, vaschette sagomate in rame che si appoggiavano al collo dei clienti per evitare di sporcarli.
Una collezione che comunque non può considerarsi ancora conclusa perché, come afferma Adriano Barbieri, nonostante i “sacrifici ed i costi economici sostenuti in questi anni, ancora oggi non perdo occasione per cercare nel più sperduto mercatino delle pulci qualche nuovo e affascinante cimelio”.
Impegnato attivamente anche in campo sociale ed in politica, attualmente riveste nel capoluogo piemontese la carica di consigliere di circoscrizione, Barbieri non ha mai dimenticato le sue origini calabresi. Segnalandosi, in più occasioni, per iniziative di elevato spessore culturale, tra le quali spiccano le donazioni artistiche gratuite a favore del museo Murattiano di Pizzo e della comunità santonofrese.
Nell’ottica di un rinsaldato legame con la terra d’origine si inquadra anche l’attuale disponibilità manifestata da Adriano Barbieri per l’apertura nella nostra provincia del primo “museo nazionale del
Barbiere” che, una volta realizzato, potrebbe rivelarsi secondo l’ideatore un “sicuro richiamo turistico, con le prevedibili ricadute economiche che ne potrebbero derivare”.
                           (Raffaele Lopreiato) 

UN'ALTRA FRANA, INTERROTTA LA STRADA PROVINCIALE CHE CONDUCE A VIBO DA S.ONOFRIO


La frana che ostruisce la strada provinciale Vibo-Stefanaconi-S.Onofrio

(Stefanaconi) Si è sfiorata nuovamente la tragedia sulla strada provinciale Vibo-Stefanaconi dove ieri pomeriggio, intorno alle 15.20, si è verificata l'ennesima frana. Ancora una volta lo smottamento di terreno, di grosse dimensioni, si è staccato dal costone che sovrasta il piano viabile. A provocare il grave dissesto idrogeologico le forti piogge di questi giorni e la mancata messa in sicurezza del costone interessato, in passato, dai lavori per la realizzazione della Tangenziale est, dal 2010 messa sotto sequestro dalla Procura della Repubblica di Vibo Valentia per gravi difformità nella realizzazione.
A causa della frana la strada provinciale, nevralgica per i collegamenti tra Stefanaconi e Vibo Valentia, è stata chiusa al traffico a tempo indeterminato. Ieri pomeriggio, a segnalare lo smottamento di terreno, sono stati alcuni automobilisti di passaggio che si sono visti sulla corsia di marcia grossi macigni e una montagna di terriccio venuti giù dal costone sovrastante. Scattato l'allarme sul posto sono immediatamente intervenuti gli agenti della polizia provinciale, i tecnici della Provincia e i vigili del fuoco del comando provinciale.
Nonostante il movimento franoso ancora in corso, i tecnici della Provincia, supportati dal nucleo Speleo alpino fluviale dei Vigili del fuoco, coordinati dal funzionario Paolo Cugliari, hanno passato ai raggi "X" l'intero costone sul quale sono stati individuati altri punti critici dai quali potrebbero staccarsi altre grosse frane.
La task force intervenuta sul luogo della frana, che interessa il tratto di strada che si innesta alla Tangenziale est, per evitare possibili danni agli automobilisti di passaggio ha deciso di chiuderla alla circolazione fino a quando non sarà messa in sicurezza con opportuni interventi.
Questa mattina, sul costone che sovrasta l'arteria di comunicazione, i tecnici della Provincia e i vigili del fuoco effettueranno ulteriori sopralluoghi per provocare lo scivolamento a valle del terriccio e dei massi rimasti pericolosamente in bilico sullo strapiombo. «Dopo questi sopralluoghi – ha affermato il dirigente del settore Lavori pubblici della Provincia Giacomo Consoli – potremo stabilire quando la strada verrà aperta al traffico».
In passato la strada provinciale è stata più volte interdetta alla circolazione sempre per caduta frane. Questo è successo nel 2006, 2008 e 2010. Nell'ultimo smottamento di terreno sono venuti giù macigni di diverse tonnellate. Se avessero colpito un'auto in transito l'avrebbero sventrata. A chiedere la messa in sicurezza dell'arteria di circolazione era sceso in campo il sindaco di Stefanaconi Saverio Franzè il quale, in più di un'occasione, ha puntato il dito contro la Provincia che, ancora, non ha avviato i lavori di messa in sicurezza.
Da questa mattina gli abitanti di Stefanaconi per raggiungere la città capoluogo dovranno percorrere la "606", svincolo autostradale Sant'Onofrio-Vibo. I disagi non mancheranno. In queste ore sono numerosi gli automobilisti che si augurano che la strada provinciale interrotta venga ripristinata celermente.
(Lino Fresca – Gazzetta del Sud 08-02-2012)

COMUNE DI SANT’ONOFRIO: DALLA REGIONE UN AIUTO ALLE DONNE LAVORATRICI

Municipio di Sant'Onofrio
(SANT’ONOFRIO) Ultimi giorni utili per l’adesione al bando pubblico emanato dal Dipartimento per le politiche della famiglia della Regione Calabria e finalizzato alla concessione di “voucher” alla persona per la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro.
Gestito dalla fondazione “Calabria Etica” (sul cui sito www.calabriaetica.org è possibile ottenere ulteriori informazioni di dettaglio e la relativa modulistica di partecipazione) il bando prevede l’assegnazione di risorse finanziarie per oltre un milione di euro, con l’obiettivo di “consentire l’accesso e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro, favorendo la conciliazione tra vita familiare e vita professionale”.
A fruire dei previsti buoni acquisto, utilizzabili per la frequenza ai servizi di prima infanzia e di assistenza ed il cui importo massimo finanziabile è di 250 euro mensili per un massimo di dieci mesi, saranno le prime 600 donne utilmente collocate nella relativa  graduatoria di merito che verrà redatta successivamente all’acquisizione delle domande.
Questi in dettaglio i requisiti di selezione e valutazione previsti delle partecipanti: cittadinanza italiana o  straniera con residenza in un comune della Calabria, condizione lavorativa di occupata o inoccupata, situazione patrimoniale non superiore ai 10mila euro annui calcolati con il metodo Isee, carico familiare con figli di età non superiore ai tre anni ovvero figli  disabili con invalidità permanente superiore al 66% e la cui età non superi il diciottesimo anno.
                    (Raffaele Lopreiato) 

ARGENTINA: VIAGGIO NELLA RISERVA DELLA PAYUNIA

Carissimi,
la Riserva Provinciale della Payunia si trova circa 200 km al Sud di Malargüe, nella cosiddetta Patagonia mendocina, oltre mila chilometri al Sud Ovest di Buenos Aires. Si tratta di uno dei paessaggi piú strani, suggestivi e belli dell'Argentina. Quasi mezzo millioni di ettari, ove ci sono oltre duemila vulcani, di cui 838 sono i piu' grandi e stanno perfettamente identificati e distinsi con nome e numero. E' la terza regione del mondo con maggior densitá di vulcani (ci sono 10,6 vulcani per 100 km quadri), dopo la isola di Lanzarote e la penisola di Kamchatka.
Geologicamente nuova, la zona ha vulcani che hanno fatto eruzione oltre un millioni di anni fa, ma pure alcuni sono relativamente nuovi con attivita' registrata in epoca post colombina. Ci sono vulcani di ogni classe, come grandi strattovoulcani del tipo vesuviano come il Payún Liso (Payún o Payén vuol dire del colore del rame o rossastro) e il Nevado; la grande caldera del Payún Matru; centinaia di vulcani del tipo stromboliani come il Santa María e la zona di Los Volcanes; si possono guardare per terra i grandi flussi di lava ed anche i campi delle bombe di lava; altipiani coperti di lapilli detti Pampas Negras e tunneli di lava. Resti di terribili eruzioni idromagmatiche (quando il magma che sale verso la superficie trova una fonte di acqua, come una nappa, una laguna o proprio un ghiacciaio, fatto che diventa una eruzione "tranquilla" in una una tremenda esplosione che libera un inferno di gas, vapore e lava incandescente a distanze incredibili), come il vulcano Carapacho o il Malacara, uno dei due unici vulcani nel mondo nel quale si può entrare a piedi fino il profondo interiore.
Il Payún Matru (in lingua indigena, barba di capretto del colore del rame) è il più grande (ma non il più alto) e la sua antichissima eruzione di lava ignibritica fece un lungo percorso verso il sudeste per oltre 185 chilometri, arrivando fino il fiume Colorado, già nella provincia di La Pampa. Secondo un gruppo di vulcanologi italiani che ha fatto lo studio del fenomeno, i calcoli e la scoperta di questa formidabile colata lavica, si tratta della emissione di lava più lunga del mondo. Comunque, non è il vulcano più alto della Payunia, essendo superato dal Payún Liso (liscio, in italiano), di 3.686 metri di altezza.
Nelle foto, le cosiddette Pampas Negras, la zona del Pianeta Rosso o dei Colori con il vulcano del tipo vesuviano Payún Liso in fondo, i campi delle bombe (grandi proiettili di lava ardente impulsati fino 30 chilometri di altezza, che si sono raffreddati nell’aria e caduti per terra con il loro interiore ancora incandescente), il cratere del Morado Norte (profondo 90 metri e di 400 metri di diametro, e che prende il nome dal colore porpora o proprio viola delle striscie di lava), con uno dei suoi fianchi scomparsi per la eruzione di 300 a 500 anni fa ed anche un inocente graffiti scritto nel suolo di lapilli dopo 35 anni di sposati. Le ultime due, una coppia giovanissima nel fondo del Malacara, e le cárcavas dello stesso vulcano (grandi canali che son prodotto dalle cadute o flussi dell’acqua sulla roccia).

Insomma, questa formazione di retro arco (l’arco sarebbe la Cordigliera delle Ande e l’ante arco sarebbe la cintura di fuoco del Pacifico) è veramente l’entrata ad un altro mondo, apparso 80 millioni di anni fa e lavorato per i secoli dei secoli dalla natura. Dicono che è proprio magico fare la gita per la Payunia in una notte di plenilunio, con il cielo sereno. Sarà la prossima volta.
Un abbraccio dal profondo Sud del mondo, José R. Maragó