BUENOS AIRES: JOSÈ RODOLFO MARAGÒ, GIÀ CORRISPONDENTE DE LA VOCE, È STATO DI RECENTE OSPITE DA "COME CANI E GATTI" UNA DELLE PIÙ SEGUITE TRASMISSIONI RADIOFONICHE IN ARGENTINA.


(BUENOS AIRES) Josè Rodolfo Maragò, già corrispondente de LA VOCE, è stato di recente ospite di una delle più seguite trasmissioni radiofoniche in Argentina.
Si tratta di "Come Cani e Gatti", un programma trasmesso da Radio 10 AM (la più ascoltata emittente radiofonica di Buenos Aires) condotto dal dottor Juan Enrique Romero, medico veterinario da lungo tempo apprezzato in numerose trasmissioni scientifiche e divulgative prodotte sia per la radio che per la televisione.
Al programma collaborano inoltre il dottor Ariel Zapata, Direttore della cattedra di addestramento animali della Facoltà di Veterinaria dell'Università Nazionale di Buenos Aires, ed il dottor Pablo Sande, oftalmologo veterinario, laureato presso la UNBA e specializzato presso il Collegio Latinoamericano di Oftalmologia Veterinaria.
Gli argomenti  sviluppati nel corso del programma -che prevede un costante filo diretto con i radioascoltatori - spaziano dal possesso responsabile degli animali (progetto di cui il dott. J. E. Romero è direttore nazionale) ai dettagli per addestrare gli animali domestici ed alle notizie sulle malattie oculari di cani e gatti con i possibili trattamenti.
Lo spazio curato da Josè Rodolfo Maragò riguarda invece una interessante quanto originale ricostruzione del ruolo sovlto dalgi animali nei più importanti passaggi storici della Nazione Argentina.

Nel corso di questa puntata Josè Rodolfo Maragò si è soffermato sul cane che il generale José de San Martín addestrò durante il suo esilio in Francia (a Grand Bourg, probabilmente) e dei cavalli e dei muli che lo stesso utilizzò nella sua campagna per l'Indipendenza di Argentina, Cile e Perù.
Riguardo l'addestramento del suo cane, San Martín faceva finta di intentare un processo all'animale in quanto disertore. La sentenza era di inappellabile condana alla fucilazione, con San Martin che mimava l'esecuzione capitale con il suo bastone.
Il cane puntualmente si accasciava a terra e, fingendosi morto, si lasciava andare con gli occhi sbarrati. Era un animale molto intelligente e affettuoso, che probabilemnte gli era stato regalato a Guayaquil.
In una epica e tradizionale pittura che rappresenta l'incrocio delle Ande, San Martín è raffigurato in sella ad un cavallo bianco.
Questa descrizione non sembra giustificata dalla storia, perchè il suddetto incrocio dell'intero Esercito delle Ande è stato compiuto a dorso di muli, più addatti ai burroni della cordigliera.
La domanda capziosa che da sempre ricorre fra gli argentini è di conseguenza la seguente: "Di che colore era il cavallo bianco di San Martín?".
Ciò che storiograficamente è accettato, sulla base delle memorie del generale Jerónimo Espejo, che servì agli ordini di San Martín, è che il Libertador ha montato nel battesimo di fuoco del Reggimento dei Granatieri a Cavallo che lui stesso aveva creato ed organizzato, a San Lorenzo, il 3 febbraio 1813, un cavallo falbo (mantello bianco gialletto), molto elegante, che morì sotto i colpi di mitraglia dell'esercito realista non appena iniziò la battaglia, ferendo ad una gamba anche il fantino nella sua rovinosa caduta.
Successivamente a Mendoza, mentre organizzava l'Esercito delle Ande, San Martín montò un cavallo sauro carico (alazán tostado), e a volte un morello maltinto ("un zaino oscuro", ricorda Espejo, "quasi nero").

Nel rientro dalla campagna per l'independenza del Cile e del Perù, il colonnello Olazábal, anche lui subordinato al Padre della Patria, racconta nelle sue memorie il modo ammirato in cui guardava San Martín, che si avvicinava montando "una bellissima mula morella", accompagnato soltanto da due ufficiali, due attendenti ed un paio di mulattieri che portavano i loro bagagli.